“Okay” by As It Is

Di Ilaria Collautti

okay_as_it_is_album_album_coverA quasi due anni dall’album di debutto Never Happy, Ever After, il quintetto pop punk di Brighton, As It Is è finalmente pronto a rivelarci il nuovo disco Okay, pubblicato il 20 gennaio via Fearless Records.

Composto da 11 tracce, Okay si apre con il primo singolo ufficiale – accompagnato da music video – “Pretty little distance”, brano energico e coinvolgente che rende impossibile non canticchiare il ritornello già dal primo ascolto; lo segue “Okay”, title track e prima canzone pubblicata per introdurre il disco. Traccia cupa che racconta un periodo buio attraversato dal frontman Patty Walters ma che ricorda che, nonostante tutto, “è okay non essere okay”.
Il terzo brano si chiama “Hey Rachel” – assolutamente uno dei migliori del disco – e, come i precedenti, è decisamente difficile da togliere dalla testa; un insieme di melodie e linee vocali catchy e vivaci come quelle della canzone che la succede, “Patchwork love”, che richiamano il pop punk nella sua definizione più classica e pulita.
Il finale di pianoforte di “Patchwork love” si collega all’intro del pezzo che lo segue: “Curtains close” è il primo brano più lento che troviamo all’interno di Okay, dalle melodie più pop rock e meno aggressive rispetto alle tracce precedenti. Pezzo malinconico approvato fin da subito, nonostante non mi faccia impazzire il finale, interrotto troppo bruscamente.
“No way out” è un’altra canzone cruda e dal tema pesante che esplode nel bridge, sputando il dolore senza metafore né mezzi termini, nel modo più violento e puro possibile. “Soap” è il brano che più si allontana dal sound classico degli As It Is, presentando ritmi musicali e metriche delle linee vocali che ricordano lo stile più teatrale e drammatico dei primi Set It Off – soprattutto nelle strofe; non nego che mi ci è voluto più di qualche ascolto per digerirlo, non tanto per la qualità della canzone in sé ma più per la difficoltà ad immaginare questo tipo di sound realizzato da questo tipo di band.
Segue “Austen”, dalle strofe deboli e non all’altezza dei ritornelli; è un brano che non dispiace nonostante potesse dare qualcosa di più, quel qualcosa che però arriva dal bridge al finale – assolutamente perfetto e da brividi (magari quell’energia ci fosse stata fin dall’inizio!).
Con “Until I return” ritorna anche il sound più vivace e allegro del pop punk che avevamo incontrato nella prima metà del disco, come nella successiva “The coast is where home is” – coinvolgente e di facile ascolto.

A chiudere il secondo full length degli As It Is c’è la ballad acustica “Still remembering”, la quale racconta le difficoltà affrontate dalla band nei mesi di scrittura dell’album, le insicurezze e la paura di deludere; è un pezzo lento e malinconico che porta alla chiusura di un disco pieno di dolore, salutando gli ascoltatori con il “So, my love, goodbye” del bridge.

Okay era senz’altro uno dei dischi più attesi dell’anno, per mettere alla prova la band che nel 2015 aveva avuto un debutto tanto di successo quanto controverso e chiacchierato. Gli As It Is hanno decisamente confermato di saper scrivere canzoni e di meritare quel successo, presentando un album completo, eterogeneo, catchy e per nulla scontato, affrontando temi complicati con un sarcasmo di fondo (basti vedere il contrasto tra il titolo dell’album e ciò che, invece, le canzoni raccontano – esattamente come la frase “Sto bene” spesso nasconde qualcosa di più).
Okay non ha nulla da invidiare a Never Happy, Ever After e gli As It Is ce l’hanno indiscutibilmente dimostrato.

VOTO: 4.5/5

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