“Le persone che “vendono i vestiti” e non si confezionano i vestiti da soli dovrebbero essere disoccupate.”
Scommetto che ci avete messo meno di 5 secondi a capire che questa frase è un’idiozia.
Se recensisci musica però la vita è una giungla e te ne sei sentite dire di ogni. Dai tempi di Frank Zappa che sosteneva che i giornalisti rock non sappiano scrivere a questa astro nascente del pop (che ha ricevuto solo commenti positivi tra l’altro) che peggiora la situazione minacciando la tua posizione lavorativa già precaria nell’era dell’internet.
In anni come questi essere una band emergente nella “scena” pop punk italiana è dura. C’è stato il periodo 2013-2016 in cui c’erano un sacco di band, un sacco di festival e un sacco di bei momenti. Purtroppo le cose stanno cambiando, e le band pop punk sono sempre meno.
Correva l’anno 2004 e vi giuro che ero io la quattordicenne più figa delle autopiste Busnelli. Mi vestivo di merda perché ero già lanciatissima verso il punk rock ma la mia mamma si incazzava se smettevo di mettermi le felpe della Lonsdale visto che le aveva pagate un botto di soldi. Menomale che poi sono cresciuta di botto di 10 centimetri e quindi non mi sono mai più andate bene. Però il bomberino con l’interno scozzese era proprio figo.
Coooomunque… nel 2004 c’era questa canzone hip hop bruttissima con un beat veramente indecente e una melodia fastidiosissima che però piaceva a tutti. Era F**k It di Eamon, e ci piaceva perché diceva: Fuck you, you hoe, I don’t want you backContinua a leggere #38 Dan Lambton, le parolacce e i 5 seconds of AH NO!→
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