Netflix e gli adolescenti disturbati sembrano andare a braccetto come pizza e patatine e ti pare che se esce una serie con un titolo emo come “The End Of The F***ing World” noi non ci buttiamo a capofitto? In realtà la serie è dell’inglesissima Channel 4, ma Netflix l’ha regalata al mondo quindi WHATEVER. Che poi sono 8 episodi di 20 minuti ciascuno quindi se ti svegli alle 10 prima di pranzo la finisci.
Quando ho visto il tizio, James (Alex Lawther) ho pensato a Maupassant, quando ho visto la tizia, Alyssa (Jessica Barden) ho pensato “ah, ok è una roba tipo Bonny & Clyde o Mickey e Mallory”. Ma non è questo che ci interessa. Quello che ci interessa è che pare che le serie inglesi abbiano un qualcosa di estremamente punk anche quando il punk non c’entra niente.
La storia è quella di due outsider che scappano, ammazzano la gente, spacccano le cose e più o meno si amano. In poche parole un road movie di formazione con una fotografia bellissima, un sacco di materiale per tumblr.

Il tutto però è rovinato dagli anni ‘80 che ok, sono belli e vanno di moda ma qui portano in gioco troppi troppissimi elementi anacronistici. E non me ne frega niente se a voi piace tutto quel gusto retrò, basta hipster, vogliamo il neon revival!
Forse, presi dalla sopraffina caratterizzazione dei personaggi che ci fa empatizzare con due adolescenti odiosi, non ve ne sieti accorti, ma questi hanno gli smartphone però girano ancora con le automobili squadrate, con la radio che non funziona e trovano un CD con su solo “Keep On Running” dello Spencer Davis Group! Quante possibilità ci sono ai giorni nostri che rubi una macchina a caso e ci trovi quello e non Taylor Swift, Kendrick Lamar o i Maneskin?

Io apprezzo tutto lo sbatty che si è fatto Graham Coxon (Blur) per selezionare una soundrack che fosse coerente e che avesse soprattutto una funzione narrativa, ma sta di fatto che i brani scelti sono troppo “oldies” per essere adatti a due adolescenti dei late ‘10s (si dirà così?) soprattutto quando si tratta di brani che ascoltano effettivamente e che non stanno solo in sottofondo alla narrazione.
Lo so che non serviva una mia recensione ma, come spesso accade, ho sentito il bisogno di dirlo lo stesso.