Di Ilaria Collautti
Il 2017 si sta rivelando un anno birichino, in cui finalmente anche le band che piacciono a me si fanno un giro nella mia città. Così, dopo i Sum 41, è stata anche la volta dei Simple Plan, in viaggio per il mondo a festeggiare i 15 anni di No Pads, No Helmets… Just Balls! Non si può fare a meno di pensare che all’epoca avevo 10 anni e non so se esserne felice o triste, però so che da giovane avevo già ottimi gusti musicali.
Il 2017 però è talmente birichino e fortunato che io e il mio compagno di concerti abbiamo pure vinto i biglietti grazie alla radio universitaria patavina RadioBue, quindi non potevamo che arrivare al Gran Teatro Geox belli freschi e pronti.
Io e gli amici di tutte le città siamo ancora all’ingresso quando sentiamo i Milestones (unica band supporter della serata dopo il paccone degli incidentati Mallory Knox) intonare le prime note di un set ben fatto, ma freddo – sicuramente per “colpa” del pubblico poco coinvolto e poco informato sulla giovane band, che ha comunque saputo eseguire egregiamente i propri brani e che già pochi mesi fa avevo avuto la fortuna di sentire live. Esauriti i pezzi in setlist, gli inglesi hanno lasciato lo spazio all’interminabile cambio palco, dando così il tempo anche ai fan dei canadesi Simple Plan di raggiungere il locale.

Quando finalmente i nostri quattro eroi (David ci sei mancato tanto) sono saliti sul palco, i fan hanno perso la testa com’è giusto che sia. NPNHJB è stato suonato al completo, dall’inizio alla fine e secondo l’ordine della tracklist, dai singoloni “I’d do anything” e “Addicted”, alla strappalacrime “Meet you there”, alle energiche “You don’t mean anything” e “My alien”.
La tracklist ha subìto un plot twist nel finale, dove “Grow up” e i suoi palloni da spiaggia lanciati tra il pubblico (grossa invidia nei confronti della ragazza che è riuscita a prendere quello autografato da Pierre a fine brano) ha anticipato la famosissima “Perfect”, contornata dalle torce dei telefoni che creano sempre la giusta atmosfera. Arriva poi il momento del classico encore, caratterizzato dalla solita gente che lascia la venue credendo che il live sia terminato, mentre invece i Simple Plan fanno gli scherzoni e tornano ad eseguire altri masterpiece più e meno recenti, scaldando ancora di più i presenti – soprattutto i più giovani.
L’anziana “Shut up!”, la più recente “Boom”, la più sopravvalutata “Summer paradise” e molte altre, anticipano la superfeels “Crazy”, caratterizzata da un Pierre Bouvier che, inaspettatamente, scende dal palco per raggiungerne uno più piccolo dall’altra parte del locale, dando la possibilità anche ai fan delle retrovie di vederlo da vicino e a quelli come me di intrufolarsi nelle prime file, liberate da chi inseguiva il frontman, per godermi al meglio gli ultimi momenti dello show. Finale che arriva subito dopo con la hit più famosa “Welcome to my life”, che ancora per l’ultima volta ci fa emozionare e tornare giovani.
I Simple Plan sono una di quelle band che non importa quante volte li vedi, live non ti deluderanno mai; una di quelle band che costruiscono i propri show su esibizioni impeccabili, presenza scenica invidiabile e coinvolgimento del pubblico con cori e battute divertenti, ad esempio sulla vecchiaia perché “NPNHJB è stato rilasciato prima che nascessero i social network e YouPorn” ma, nonostante ciò, “Per fortuna ho ancora tutti i miei capelli, scusa Jeff” (cit. di “Mi chiamo Piero”, cit. della cit.).
Ci sono mancate le mosse sexy e le frasi a doppio senso di David Desrosiers, ma i quattro sopravvissuti non ci hanno di certo fatto sentire la mancanza delle loro gag, tra tentativi di discorsi in italiano e stage dive di Chuck mentre Bouvier prendeva il suo posto alla batteria. I fan di tutte le età hanno risposto piuttosto bene, cantando inaspettatamente anche tutti (o quasi) i pezzi del disco di cui si festeggiava il compleanno.
Uno spettacolo indimenticabile e ben fatto, nonostante alcuni disagi e critiche costruttive che vorrei fare agli organizzatori (leggetemi che vvb): c’è stata molta confusione riguardo l’orario d’inizio dell’evento, poiché su Facebook era scritta una cosa e all’ingresso del locale ne dicevano un’altra. Più persone, per questioni organizzative, hanno richiesto info sull’inizio dei Milestones (soprattutto a seguito dell’assenza dei Mallory Knox), senza però ricevere risposta. Risultato? I supporter stavano suonano già più di un’ora prima dell’inizio ufficiale e ciò ha penalizzato sia la band stessa (che si è trovata senza pubblico), sia chi invece pensava di arrivare in tempo per godersi anche lo spettacolo dei britannici. Quindi magari la prossima volta ci si mette d’accordo e si decide insieme, dai! Poi, se proprio proprio volete farmi davvero felice, unitevi a me nella mia battaglia contro i tablet e i selfie stick ai concerti!
Però amici per fortuna esistono i Simple Plan che sono al primo posto nella mia personale classifica di “Best live band” nell’ambiente pop punk, e in questo piovoso martedì 14 giugno GOD MUST HATE ME un pochino di meno.