I video di Facebook sono imbarazzanti e tirano sempre fuori cose che nessuno si aspetterebbe mai di rivedere (le magie dell’internet).
Come per tutti i pop punk kids, per noi gli amicy sono importanti quasi quanto la pizza (ma meno dei discorsi filosofici sulle uova).
Il succo di frutta del discorso è che abbiamo fatto una playlist con gli anthem dell’amicizia (in cui paradossalmente non ci sono i The Anthem perché sono evidentemente soli e senza amici, bu!).
Guardatevela qua sotto e cantate i vostri lungs out!
Continua a leggere Playlist: Facebook ha detto che è il giorno degli amicy
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24# Le 10 cose che probabilmente non sapevi (ma che nemmeno ti interessava sapere) sull’anguria
Perché parlare di questioni interessanti negli editoriali quando si possono fare le classifiche dedicate all’anguria?
La prima cosa che probabilmente non sapete è che il 3 agosto è il National Watermelon Day (ovviamente negli Stati Uniti dove esiste un National Day di qualsiasi cosa) ed è per questo motivo che vi parliamo dell’anguria, e anche perché è molto buona, summerish e Chiara ha un sacco di vestiti e accessori a tema anguria. Continua a leggere 24# Le 10 cose che probabilmente non sapevi (ma che nemmeno ti interessava sapere) sull’anguria
#17 Sono stronza perché chiedo gli accrediti
Avete sentito che i blink si sono sciolti? Bè Tom Delonge no. Noi qui invece ne abbiamo già pieni i coglioni, che è il motivo per cui la band non ha una settimana di speciali dedicata a differenza di Leonardo DiCaprio che è un figo sempre e comunque e se non si muovono a fargli vincere un oscar chiamo Giovanni Muciaccia, mi rifornisco di colla vinilica e carta igienica e glielo faccio io. Alla faccia tua Hollywood.
Ho letto cose fantastiche questa settimana. La più interessante è stata: “i finti giornalisti che per il solo fatto di scrivere su una webzine di merda in cui sbagliano i verbi, chiedono accrediti a destra e a manca”. Posto che la politica accrediti di aimatrabolmeicher si basa più o meno su “aiuto il concerto è sold out, chiedo l’accredito se no rimango fuori” o al limite su “costa 40 euro, la band è strafamosa, io ci provo a chiedere un accredito tanto non me lo daranno mai” (e invece una su mille, come nella celebre canzone di Gianni Morandi, ce lo da), volevo fare una piccola considerazione.
Una band emergente che vuole suonare in giro all’inizio lo fa gratis, solo per la gloria magari, ma quando cominciano a subentrare spese (quali strumentazione professionale al posto della chitarra che mi ha regalato il nonno nel Natale del ’99 e l’ampli di Hello Kitty che era in offerta all’ Esselunga, dischi da registrare in studio al posto che da casa in presa diretta con GarageBand messi un po’ a posto magari con Audacity perché il riff mi era venuto meglio nella prima strofa quindi uso quello anche nella seconda, merch, concerti fuori dal’oratorio e che non siano la sagra del cinghiale di Lainate, ecc.) alla band piacerebbe avere un cachet, o almeno un rimborso, una fetta di pizza, una birra a testa…
Per avere un blog interessante agli occhi dei Signori degli accrediti (che di mestiere distribuiscono accrediti a destra e a manca perché a loro il concerto non costa nulla quindi se hanno 5 posti in lista assegnano 27 accrediti che tanto sono fighi e possono) non basta aprire una pagina wordpress. Certo scrivere è un hobby, scrivere bene è comunque un hobby (adesso tenetevi forte che vi dirò una cosa fuori dal mondo) come lo è anche fare musica.
Avere un blog significa innanzitutto ascoltare dei dischi. Molti dischi. Anche quelli che non ti piacciono. Perché certo, quando si tratta di accrediti è un blog di merda, quando si tratta di parlare della tua band sconosciuta, che si è registrata l’album tramite voice note del telefono e che ha caricato poi tre pezzi su youtube con un’immagine modificata con paint in sottofondo e una qualità del suono che è la stessa di un bootleg dei queers dell’89, invece “è un blog bellissimo e lo seguo sempre, grandi ragazzi”. Dopo aver ascoltato più di una volta, più di due, più di tre ecc. i dischi, bisogna scrivere l’articolo e bisogna che abbia senso e poi correggerlo, o farselo correggere da una persona che per hobby al posto di scrivere o suonare, corregge le cose scritte da altri. Poi bisogna pubblicarlo e cercare di portarlo all’attenzione di più gente possibile, individuando il target magari, cercando di non proporre il disco della svolta shoegaze dei Title Fight ai fan degli Immortal…Ma questo è solo quello che fanno gli articolisti.
Per attirare di più l’attenzione bisogna avere una grafica accattivante, contenuti interessanti, interviste (per cui potrebbe essere addirittura richiesto l’hobby della conoscenza dell’inglese o di qualche altra lingua), anteprime, speciali sugli argomenti en vogue…
Ad un certo punto per essere più riconoscibili si potrebbe anche pensare di comprare il dominio del sito per avere una webzine.com! Ovviamente tutto questo gratis perché è un hobby, infatti anche i giornalisti di Repubblica (che tra l’altro sono sempre attenti alle loro fonti e non sbagliano mai nessun congiuntivo) o di Rolling Stones scrivono per passione senza nessun profitto.
Quello che sto cercando di dirvi non è che aimatrabolmeicher è una webzine di qualità e dovete darci i soldi per il nostro servizio all’umanità (anche perché ci interessano di più i biscotty solitamente) e neanche che se i “giornalisti emergenti diy” non sono pagati allora nemmeno i “musicisti emergenti diy” devono esserlo. Volevo semplicemente dire che come un musicista gradirebbe ricevere un compenso per il suo lavoro, anche un giornalista lo gradirebbe. L’accredito per il giornalista di webzine è un po’ come il rimborso per la band di Bergamo alta che il giovedì sera va a suonare a Cinisello Balsamo. E in più se il concerto costa troppo per le nostre tasche o il rapporto interesse prezzo non è vincente sappiate che il finto giornalista non andrà al vostro live e di conseguenza non scriverà quelle due righe su quanto siete bravi e nessuno le leggerà.
Chelli
13# Dood Food
Oggi ho imparato che se fossi ostinata in tutto il resto della vita come sono ostinata a far entrare “cose” per una settimana all’estero nell’ Eastpack (quello piccolo normale che tutti usano al liceo), bé, sarebbe tutto più semplice. Continua a leggere 13# Dood Food