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REVIEW: “Letters to Our Former Selves” by Youth Fountain

di Ilaria Collautti

Letters to Our Former Selves, pubblicato l’8 marzo via Pure Noise Records, è l’album di debutto del duo Canadese Youth Fountain – band che si propone con un sound dato dal mix dell’emo e del pop punk.

Il disco si apre con un’intro molto interessante caratterizzata da cori pieni di pathos, perfetti per accompagnare l’ascoltatore al vero e proprio inizio di questo album; la title track Letters to Our Former Selves è la traccia perfetta per definire lo stile degli Youth Fountain, il quale mi riporta (positivamente) alla mente il lato più crudo della musicalità dei Knuckle Puck.

Il susseguirsi di Rose Coloured Glass – che risulta uno dei migliori pezzi dell’album, con un ritornello catchy che funziona – e Moody – leggermente più debole rispetto alle tracce che l’hanno preceduta ma comunque buona – accresce il mio interesse per questo disco e questa band, mentre la mia attenzione comincia a calare quando arriva il turno di Worried, decisamente meno incisiva.

Tutt’altra storia con la successiva Complacent, che si fa notare con forza partendo subito aggressivamente. Ache è un pezzo acustico di quelli belli e fatti bene, anche se a volte sembra che l’arpeggio di chitarra sovrasti eccessivamente la voce: insomma, nulla di cui preoccuparsi, se la canzone è bella non si può far altro che cercare il pelo nell’uovo!

Con Deadlocked torna l’energia della prima parte di Letter to Our Former Selves, mentre la presenza di Furlough mi sembra un po’ inutile: è una intro per lo più strumentale (tranne per la parte finale impreziosita dalle gang vocals) come l’opener Helpless e, in questo punto del disco, non ne capisco il senso. Avrei preferito facesse parte della successiva Lucid – a cui si attacca e che, a mio parere, è un’altra delle tracce migliori – piuttosto che tenerla come interlude superfluo.

I fanalini di coda sono Grinding Teeth, con strofe non all’altezza dei ritornelli ma un crescendo sul finale pieno di aggressività ed emotività che spazza via tutto, e Blooms, un altro dei pezzi migliori che parte come acustico per poi esplodere con l’arrivo della voce – dandomi quasi l’impressione di stare ascoltando una band diversa da quella che ho sentito finora.

Gli Youth Fountain sono una band giovane che sicuramente avrà modo di crescere, ma l’album di debutto Letters to Our Former Selves non delude e lascia spazio alla possibilità di seguire il percorso di questo duo. Certo, i pezzi non saranno la cosa più originale del mondo ma li ho trovati comunque molto piacevoli. Sicuramente da tenere d’occhio per il futuro!

VOTO: 7/10

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