di Michela Rognoni
Le band di Rude Records stanno sfornando solo cose belle e quindi io ve ne parlo. Oggi è la volta dei Light Years, dall’Ohio, che con il loro “Afterlife” ci fanno ritornare la voglia di pop punk old school, veloce e senza troppi fronzoli.
Afterlife è un po’ corto, solo 11 tracce che non mi bastano nemmeno per fare da Bernate Ticino al Circolo Gagarin. Però è stato prodotto da Will Yip, che ha un nome buffo e aveva anche prodotto I’ll see you when I see you, che è tuttora il mio disco prefe dei Light Years.
Ma torniamo ad Afterlife, considerato dal cantante Pat Kennedy la meta che la band ha sempre cercato di raggiungere.
Si parte a bomba con Back Then, un pezzo veloce, chitarre giocose e batteria martellante. E si procede in questa direzione per tutto il disco con un susseguirsi di pezzi godibilissimi. Quella che manca è un vero e proprio highlight; manca il pezzone da playlist, quello che col passare degli anni finisce per definire il disco stesso (un po’ come The Summer She Broke My Heart nel precedente ISWISY – forse però per la gente comune era Are You Sure… bo raga, ce n’erano almeno 3 in quello).
Ci vanno vicini i singoli “Graveyard” e “Bottle Rocket” ma manca ancora qualcosa. Graveyard è super energica e sembra un po’ la rivisitazione in chiave moderna di un pezzo degli Starting Line. È un pezzo posi che parla di essere sempre presi bene anche se le cose non vanno esattamente come vorresti. Bottle Rocket invece ha una vibe un po’ più malinconica nel sound, che ricorda un attimo i Dangerous Summer ed è probabilmente la mia personal favourite.
Fila tutto liscio insomma, mi ci vedo già a guidare sentendomelo più volte di fila perché non ho sbatti di cambiare cd (sì ho ancora i cd in macchina), ma manca quel pizzico di qualcosa in più.
7/10