di Agnese Tomasini
Dalla loro prima apparizione su MTV, appena dopo la firma con Fueled by Ramen, i Twenty One Pilots hanno costruito ciascuno dei propri album attorno a concetti ben precisi: Vessel è una metafora che rappresenta il “vascello” del nostro corpo e della nostra mente; Blurryface ci presenta un personaggio creato da Tyler per personificare tutte le insicurezze e ciò che lui odia di sé stesso. Trench, l’ultima produzione in studio del duo dell’Ohio, rappresenta invece un luogo di finzione, che Tyler dice di aver immaginato e di poter descrivere nei minimi dettagli.
L’album è stato anticipato per mesi con studiati rompicapi che i fan hanno avuto il compito di risolvere: attraverso mail criptiche, un sito web con la mappa di una città (la misteriosa città di Dema), fotografie, gif, anagrammi, e una lettera, ci viene presentata l’ambientazione dell’album. La lettera è firmata da un tale Clancy, che è sempre vissuto a Dema, che solo ora scopre essere una prigione e non una casa. Dema sembra essere sotto il potere di tali “Bishops”, o “Niners”, ovvero nove figure oscure che fanno da dittatori.
Musicalmente non si può certo dire che i Twenty One Pilots abbiano approfittato dell’onda del loro successo nel mainstream per adagiarsi sui canoni del pop: lo stile della band mantiene gli elementi che hanno definito le precedenti produzioni e che distinguono il duo, ovvero vocals molto contaminati dal rap, talvolta quasi spoken word, basso spesso coprotagonista (affermatosi soprattutto da Blurryface in poi) assieme all’ukulele, percussioni solide, stratificazioni di synth e strutture tutt’altro che convenzionali.
I singoli sono portavoce di queste caratteristiche, e appaiono come le tracce più forti all’interno della tracklist. Jumpsuit è senza dubbio la traccia dal maggiore impatto, la più “cattiva” e la più coinvolgente a livello strumentale. Non si trova nel resto della tracklist un brano che sia un “banger” in grado di tenerle testa. Levitate è un pezzo alquanto accattivante, in cui non ci sono parti cantate, però Tyler ha modo di riconfermare i suoi rap skills utilizzando una metrica tutta sua, irregolare ed imprevedibile. My Blood è strutturalmente la traccia più coesa e regolare, e il contenuto è aperto a molteplici interpretazioni: può trattarsi di una dichiarazione di fedeltà da Tyler a sé stesso, oppure di Tyler nei confronti della Clique, ovvero la fan base del duo.
All’inizio di Nico and the Niners ci viene presentato un altro gruppo di personaggi protagonisti di Trench: tra le parole pronunciate in reverse, una voce dice “we are banditos”; in questo gruppo di persone rientrano Tyler e Josh, e probabilmente tutti i membri della Clique, che cercano di fuggire da Dema. Il termine ricompare come titolo di una traccia, Bandito. Nel brano Tyler afferma di essere uno dei ribelli, ricordando il contenuto di Lane Boy in cui dice non voler “stare nella fila” come gli viene detto, ma di voler prendere una strada alternativa.
Morph, la prima traccia inedita di Trench, potrebbe essere una buona alternativa ai singoli e ricalca un po’ le caratteristiche di Nico and the Niners come tempo, ritmo, e trama strumentale. Assieme a Chlorine e Hype fa parte di un gruppo di tracce che definirei un po’ “insipide”: non lasciano un segno forte, non mettono molta voglia di riascoltarle, e non sono particolarmente accattivanti né per struttura né per contenuto.
Fin dai primi ascolti è possibile percepire come rispetto a Blurryface e Vessel, la posizione di celebrità e fama acquisita dai Twenty One Pilots abbia permeato e dato sempre più forma al pensiero di Tyler, che spesso fa riferimento a come sia cambiato il rapporto con la sua musica, alla clique, alla fama, a cosa la gente si aspetti da loro. Questa caratteristica si ritrova in più parti nell’album, e Cut My Lip è una traccia che si fa simbolo e portavoce di queste tematiche.
Legend e Smithereens si distaccano invece dalla narrativa del disco, essendo entrambi brani dedicati alla famiglia, sebbene in modi diversi. La prima è dedicata a Robert, il nonno di Tyler, venuto a mancare a marzo, il quale compare assieme al nonno di Josh sulla copertina di Vessel. Proprio di Vessel il brano ricalca l’estetica musicale: scritto in chiave maggiore, ricorda il nonno in modo affettuoso e spensierato; Tyler pensa a lui come un mito, una leggenda appunto. Il secondo è un brano molto dolce, ed è una traccia che Tyler dedica alla moglie Jenna, come afferma nei lyrics: “you know I had to do one / one for the record for you”.
Un’altra traccia che non sembra avere collegamenti con la narrativa del disco è Pet Cheetah, un pezzo più potente rispetto ai precedenti, ma altrettanto criptico e allegorico. I lyrics d’apertura: “I am on an island / No one to confide” ricordano l’ambientazione dell’isola deserta di cui si parla in Migraine, e ricorre anche il tema delle pressioni generate dalla fama e dal successo, che già compare in Jumpsuit con lyrics quali “pressures of a new place roll my way”.
Molto diversa dalle precedenti è Neon Gravestones, un brano che definirei impegnativo. Si apre con un arpeggio di pianoforte, in chiave minore, ricordando una sonata al chiaro di luna; presenta una struttura regolare, all’interno della quale Tyler si rapporta con la difficile tematica del suicidio. Tyler espone il proprio pensiero in merito al tema, affermando di trovarsi in disaccordo con il modo in cui la nostra società moderna reagisce ai suicidi, “glorificandoli”, trattando una “perdita come fosse una vittoria”. Riflette sul fatto che se lui compisse la scelta di togliersi la vita, ironicamente, per come stanno le cose, il gesto si trasformerebbe in una sorta di “promozione” per la sua musica e il suo nome, che verranno celebrati e tramandati nei tempi. Tyler pensa che alcuni scelgano questa via come forma di “aggressione”, come arma, come via ultima per “insegnare una lezione”, che lui fermamente si rifiuta di accettare. “E se provassimo ad invertire ciò che glorifichiamo?”, ragiona Tyler. “Se andassimo dai nostri nonni o qualcuno della loro età, e rendessimo onore al loro percorso, e glorificassimo loro che si sono dedicati alla vita?” Ed è con questa riflessione che il brano si conclude, non a caso, su un accordo maggiore, con cui Tyler ribalta tutta la pesante tematica del brano, per lasciare una traccia di un punto di vista opposto e positivo.
La closing track dell’album è Leave the City, che per struttura e strumentazione ricalca molto Goner, la closing di Blurryface. La traccia è del tutto aperta a interpretazione; il significato del testo è implicito. Trench può rappresentare lo stato in cui Tyler è costretto a vivere a causa dei suoi problemi mentali, personificati dai malvagi Bishops, che lo tengono prigioniero nella città di Dema; oppure può significare l’industria discografica, che tiene Tyler e Josh sotto il proprio potere, limitando le loro scelte e applicando pressioni su di loro. Ma la cosa che più conta, il fattore che rappresenta la via d’uscita, il lato positivo, è che Tyler sa di non essere solo, sa che la clique lo capisce, e in essa prova fiducia. I lyrics “in Trench I’m not alone / these faces facing me, they know. / They know what I mean” concludono il disco, di nuovo e non a caso ribaltando la tonalità del brano con un accordo maggiore.
Nonostante la grade complessità dei temi trattati nel disco e il fatto che i singoli pubblicati prima dell’uscita siano stati accolti più che positivamente (quasi entusiasticamente), percorrendo le quattordici tracce che compongono l’album si ha quasi la sensazione che nel complesso l’hype per l’uscita di Trench crei delle aspettative che potrebbero non essere del tutto soddisfatte ascoltando il disco per intero.