di Alessandro Mainini
Quando una band stravolge il proprio sound, è sempre difficile capire fino a che punto la scelta sia stata presa dalla band in autonomia e quanto invece abbiano potuto pesare le direttive imposte dall’alto. Specialmente se “l’alto” è una major e la band è un gruppo di giovani ragazzi che stanno cercando di sfondare nel mondo della musica. Questa la situazione che ci si presenta ascoltando Past Lives, il secondo album degli Against the Current, pubblicato da Fueled by Ramen.
Fugo subito ogni incertezza dicendo che se i primi due EP del gruppo avevano uno stampo marcatamente pop punk e con il primo album In Our Bones la band aveva trovato la miscela perfetta fra energia rock e melodie pop, con Past Lives la band punta completamente verso la direzione del pop mainstream da radio (o da grande playlist di Spotify, che forse è più al passo coi tempi). Un disco preparato a tavolino con la speranza di imbroccare almeno una hit da milioni di stream che possa far fare strada alla band, anche (forse) a scapito del suo valore nel tempo.
E questo è chiaro fin dal brano iniziale, Strangers Again, che però grazie a un riff malinconico e sorprendentemente distintivo va ben oltre la sufficienza. È chiaro che con un talento come Chrissy al timone, la band riesce ad adattarsi e a fare suo anche un cambio di stile radicale e forse opinabile come quello operato sul disco: gli Against the Current sono sempre gli Against the Current, pur con qualche chitarra in meno e qualche synth in più. Persino una traccia come The Fuss, che all’inizio sembra scialba, diventa gradevole dopo qualche ascolto; una delle poche canzoni all’interno dell’album senza il fattore-immediatezza, nonché una delle più allegre e “feel-good”, decisamente appropriata per una tranquilla festicciola in casa fra amici.
I Like the Way è una delle sorprese del disco. Il ritornello farebbe un figurone sull’ultimo bellissimo album di Tegan and Sara; l’ottimismo che il testo e la musica sprigionano è contagioso: è una canzone d’amore, verosimilmente dedicata a Cameron Hurley che oltre a essere il ragazzo di Chrissy è da sempre nei nostri cuori per essere stato il chitarrista dei rimpianti We Are the In Crowd. Curioso il riferimento alla “Lucky Strike hanging between your teeth.” Bizzarro product placement? Da contraltare al mood di I Like the Way fa invece Personal, una traccia dark pop che funziona parecchio grazie al ritornello arioso. Il brano è probabilmente dedicato a Julius Trombino, un caro amico di Chrissy scomparso nel 2016 a causa di un’overdose e da Chrissy spesso ricordato nel corso degli anni. Toccanti alcuni passaggi del testo: “I scream at your ghost when I miss you the most / I’ll lace up my armour and fight for us both / Finish what you started and crown your stone.” Le due canzoni formano una doppietta perfetta.
Esattamente l’opposto di quanto si possa dire delle due tracce successive, Voices e Scream, sicuramente le due canzoni più brutte che la band abbia mai scritto. La prima contiene qualsiasi cliché di una canzone pseudo-dance fatta da una rock band (strofe con una chitarra bislacca, ritornello EDM che suona di già sentito fin dalla prima nota). La seconda non sarebbe nemmeno del tutto da cestinare se non fosse per quel mezzo urletto in falsetto che accompagna il ritornello, che la fa sembrare una canzone di Katy Perry uscita male. Da dimenticare.
Superata la metà del disco, irrompe Almost Forgot, il primo singolo, quello che ci aveva fatto saltare dalla sedia al primo ascolto a causa del suo ritornello electropop completamente diverso da tutto quanto fatto dagli Against the Current prima di allora. La produzione ci va giù pesante con i synth, creando l’effetto “hit rumeno-moldava da discoteca fine anni ’00” (ricordate Inna o Alexandra Stan?). In realtà una volta digeriti i synth la canzone diventa iperorecchiabile, e poi la voce civettuola di Chrissy che ripete “I almost forgot” fa passare tutto. A seguire la traccia P.A.T.T., che sta per “pretty all the time”. Sarebbe una normalissima e anonimissima canzone pop rock, ma quei coretti “girls, girls” nel ritornello rovinano davvero l’atmosfera del brano, banalizzando anche un ragionamento condivisibile come “if love is blind / why do we gotta be pretty all the time?” Discutibile scelta di produzione.
Il trittico di chiusura comincia con Friendly Reminder, un brano che non aggiunge granché all’album con le sue strofe e il ritornello orecchiabili ma non memorabili, e anche piuttosto monocordi. Degno di nota piuttosto il richiamo a Wasteland (“woke up in a wasteland”), la canzone più bella del precedente disco In Our Bones. Su Come Alive Chrissy sperimenta di nuovo con la voce nel ritornello… e si sa che quando si sperimenta non sempre il risultato è soddisfacente. L’effetto del cantato “di gola” non fa altro che risultare fastidioso, sminuendo una canzone che ha invece un testo importante di cui parlo fra poco, perché prima gli Against the Current decidono di sorprenderci con la traccia di chiusura, Sweet Surrender. Il brano ci fa risvegliare dal torpore in cui eravamo caduti con queste ultime canzoni, e si rivela la vera e propria perla del disco. Il sound è piuttosto minimale con un synth molto discreto in sottofondo e un beat di contorno, perché vera protagonista del pezzo è la voce di Chrissy, che tira fuori la performance dell’album. Anche in questo caso la cantante gioca con la voce, ma qui ne mette a frutto tutte le potenzialità interpretative mostrandone il lato più dolce e mellifluo, specialmente quando ci sussurra nelle orecchie “in my darkest hour”. Colpo di fulmine istantaneo.
Si parlava poco fa del testo di Come Alive, e non sarebbe in effetti giusto chiudere la recensione senza parlare di un aspetto molto importante del disco, ovvero i temi trattati nei testi. Se in passato Chrissy ci aveva raccontato fugaci esperienze amorose e sentimenti ed emozioni che caratterizzano l’adolescenza e l’età giovanile, in Past Lives la cantante scava dentro sé stessa alla ricerca dei propri fantasmi e delle proprie insicurezze. Chrissy ha parlato occasionalmente di come spesso cerchi di dare all’esterno l’immagine di una persona determinata e sicura di sé, e di come i fan probabilmente la idealizzino vedendo in lei una donna forte e felice, sia per la sua dirompente presenza sul palco, sia per come parla sui social, sia per il fatto che tendiamo ad associare la bellezza con la felicità. Nonostante questo, Chrissy è una ragazza di ventitré anni, piena di dubbi e incertezze come tutti noi, esposta forse più di tutti noi al costante giudizio e scrutinio di ogni estraneo pronto a criticare ogni passo falso e ogni decisione, che con questo disco ha voluto rappresentare il lato più fragile di sé stessa, forse anche nel tentativo catartico di esorcizzare i propri demoni.
“I’ve been floating down a dark way / Don’t want nobody to come rescue me / No direction in mind / I’m just killing time / … / Still a slave to my emotions / They always get the best of me / I’m tired of feeling like shit / But I’m too numb to feel”, sono le parole scelte da Chrissy in Come Alive, che incarnano l’essenza di quanto detto qui sopra.
Ogni canzone di Past Lives può potenzialmente rappresentare un singolo: non ci sono ritornelli travolgenti, ma tutte le canzoni cercano di essere estremamente facili all’ascolto. Non sono sicuro che la hit sperata arriverà davvero, né che questa sia la strada giusta da intraprendere per la band. Nell’arco dell’intero disco, anche durante le canzoni più riuscite, l’impressione è sempre quella di una band dal potenziale esplosivo ma represso e costretto all’interno di margini ben precisi stabiliti da qualcuno (il produttore o l’etichetta che sia), in modo tale da non prendersi nessun rischio e massimizzare le probabilità di successo seguendo una formula collaudata, quando invece la band raggiungerebbe la propria vetta espressiva proprio lasciando libero sfogo a tutte le sue energie.
Il risultato è che l’album è senza dubbio gradevole da ascoltare, anche più di una volta, ma quanti di noi staranno ancora ascoltando questo disco fra uno o due anni quando sarà già “vecchio” secondo i tempi della musica moderna? Minimizzare il rischio e tarpare le ali alla propria creatività è davvero la strada giusta per lasciare un segno nella storia della musica? Sembrano domande retoriche (e in effetti lo sono), ma sarò ben felice se gli Against the Current troveranno la risposta meno aspettata e faranno finalmente il grande salto che meriterebbero parecchio. Nell’attesa, per chi può, godetevi lo spettacolo dal vivo di questa band che sa sempre divertire e farsi amare dal proprio pubblico.
VOTO: 7/10
Crede veramente che scream e voices siano i pezzi peggiori? Secondo me in voices Chrissy prevale ancora di più. Secondo me scream e the fuss peggiorano l’album poichè c’è una ricerca eccessiva di synth che non esaltano le qualità tecniche della band
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