as it is the great deparession

REVIEW: “The Great Depression” by As It Is

Di Ilaria Collautti

A solamente un anno e mezzo dal successo di okay, gli As It Is sono tornati con il terzo album – pubblicato il 10 agosto via Fearless Records. The Great Depression è stato presentato come un concept album che racconta la storia di un ipotetico poeta che si ritrova faccia a faccia con La Morte, presentandone poi l’esperienza attraverso i dodici brani che lo compongono.

Ad aprire le danze è la title-track “The Great Depression” che ci destabilizza tanto quanto il cambio di look della band, cominciando con melodie semi-elettroniche – mentre il cantante Patty Walters (o il poeta?) parla direttamente con l’ascoltatore – per passare poi nel ritornello a un classico full band. Pezzo abbastanza anonimo, soprattutto per essere un opener.

Seguono subito i singoli pubblicati: “The Wounded World”, che ha raccolto pareri contrastanti ma giudizio positivo da parte della sottoscritta, il più recente “The Fire, the Dark”, uno dei pezzi peggiori del disco, con strofe largamente insufficienti e ritornelli che si avvicinano di più a ciò che è di mio gusto, e “The Stigma (Boys Don’t Cry)”, che si è invece guadagnato i miei 120 ascolti su iTunes nelle prime 12 ore dalla sua pubblicazione. “The Handwritten Letter”, al primissimo ascolto, mi aveva delusa moltissimo, ma già dal secondo giro l’ho rivalutata; più simile al “vecchio” stile della band, con melodie più pop punk e un testo che coinvolge direttamente i fan, posso tranquillamente dire che la sufficienza se la merita. Così come se la merita anche la successiva “The Question, the Answer”, un brano acustico decisamente più pop a cui – come ormai sapete – non posso dire di no. Decisamente amore al primo ascolto.

Introduce la seconda metà del disco un altro dei miei pezzi preferiti, che vanta la collaborazione di un idolo degno di tutti gli emo kid: “The Reaper”. Questa è la traccia più aggressiva dell’album, con le giuste melodie vocali e arpeggi di chitarra che ricordano tantissimo il 2007; quando poi Aaron Gillespie (Underoath) fa il suo ingresso non ce n’è più per nessuno. QUINDISCI!

A tranquillizzare leggermente le acque ci pensano “The Two Tongues (Screaming Salvation)” e “The Truth I’ll Never Tell”, due brani accettabili che però non spiccano come hanno fatto alcune canzoni precedenti – nonostante la seconda sia decisamente migliore e più musicale della prima. A questo punto, per quanto mi riguarda, The Great Depression poteva anche concludersi, invece le tre tracce inserite per portarci alla fine di questo viaggio fanno crollare drasticamente l’attenzione e il giudizio, proponendo melodie noiose e lasciandoci l’amaro in bocca. Da menzionare però “The Haunting” che nel finale migliora e, finalmente, lascia un po’ più di spazio a Ben Langford-Biss e alla sua voce cruda (largamente sottovalutata e messa da parte), e “The Hurt, the Hope” – la quale esplode ugualmente nel finale, facendo finalmente provare qualche emozione in più. La closure “The End”. invece non si salva, così come sembra non salvarsi l’opinione de Il Poeta nei confronti dell’umanità.

The Great Depression è decisamente stato un passo azzardato nella carriera degli As It Is che, arrivati al terzo studio album, hanno fatto benissimo a sperimentare nel genere, nel look e in ciò che volevano raccontare attraverso le proprie canzoni. L’errore principale però – nonostante l’intenzione fosse quella di sensibilizzare su temi profondi che colpiscono la band in prima persona – è stata la scelta di affidare il racconto a un ipotetico personaggio esterno. Mi ha dato l’impressione di essere un presentatore televisivo alle prese con un pubblico eterogeneo e vasto, e ha reso tutto molto più impersonale e distaccato rispetto alle emozioni trasmesse nel disco precedente. Insomma, gli As It Is indubbiamente stanno crescendo e cercando la propria identità, toccando temi che fino a non molto tempo fa rimanevano per lo più un tabù. Forse, però, questa volta hanno tirato un po’ troppo la corda, offrendoci un disco che sicuramente ha bisogno di numerosi ascolti prima di essere capito e apprezzato e che, per il momento, ci lascia confusi e perplessi su cosa è sincero e cosa è artefatto.

VOTO: 6/10

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