Di Elisa Susini
I Culture Abuse si sono fatti conoscere con il punk onesto e diretto del loro primo disco, Peach, uscito nel 2016, che ha fatto breccia nel cuore di tutti tanto da guadagnarsi un posto nella roast della Epitaph Records.
Bay Dream è la loro seconda fatica e comporta anche un completo cambio di direzione: alla visione nichilistica che caratterizzava il primo album, si sostituiscono tutta una serie di messaggi positivi, un sound più soft e uno stato d’animo ottimista.
I due singoli rilasciati negli scorsi mesi, “Bee Kind to Bugs” e “Calm E”, sono stati entrambi esempi di punk alternativo dal cuore leggero, e con un sound che ci ricorda un po’ gli Strokes, e che ritroviamo in pezzi come “Bay Dream” e “Dip”, e un po’ i classici album grunge dei primi anni 90.
Anche il resto del disco è realizzato in modo tale da cullare l’ascoltatore fra nebbia e nostalgia e tende a focalizzarsi sui temi della perdita, del cambiamento in meglio, dell’amore. Volendo trovare un difetto, è che forse, in alcuni punti, può risultare abbastanza ripetitivo perché c’è molto potenziale nei Culture Abuse e avrebbero potuto dare anche qualche colpo un po’ più tagliente ad alcuni pezzi.
Alla fine però Bay Dream è un ottimo lavoro, con pochi difetti, che si presume sarà nelle playlist estive di tutti quanti e che conferma la grossa stima di cui la band gode nella scena alternativa.
Voto: 7.5/10