Di Giorgio Molfese
Il 2018 è senza ombra di dubbio l’anno del pop-punk. In questo periodo stanno uscendo un sacco di cose nuove e notizie che ci fanno saltare sul letto dalla felicità. Una di queste è l’uscita dell’attesissimo Living Proof degli State Champs via Pure Noise Records.
Parliamoci chiaro, i singoli che hanno dato un assaggio al grande pubblico di quello che sarebbe stato il nuovo album sono stati accolti decisamente bene. “Dead And Gone” è un pezzo bello carico, “Crystal Ball” è la cosa più bella di quest’anno e “Our Time To Go” ha un po’ stupito tutti essendo una canzone da ballo di fine liceo. Meno applausi per “Mine Is Gold”. Il resto del disco, realizzato in due sessioni con Feldmann prima e con Kyle Black poi, non delude. Ci sono una miriade di ritornelloni perfetti per l’estate ma anche un po’ più di ballad rispetto agli standard degli State Champs, cosa che ritengo positiva per il semplice fatto che miscela bene lo stile di The Finer Things con quello di Around The World And Back (con un po’ di All Time Low, non neghiamolo).
Credo di non dire niente che non sia già chiaro da un po’, ma Derek è il vero valore aggiunto della band. Probabilmente qualche pezzo non sarebbe stato quello che è senza la voce migliore della scena pop punk mondiale, ascoltare “Safe Haven” e “Something About You” per credere.
Ma ci sono anche delle cosette che non mi sono piaciute, tranquilli. Il featuring con Mark Hoppus si può anche evitare nel 2018, non mi ha entusiasmato; anche la sopracitata “Mine Is Gold” è secondo me il flop più grande della carriera degli State Champs ma quello insomma va anche un po’ a gusti. Infine provo grande rammarico per “Lightning”, perché ha una strofa da paura, poteva essere il miglior pezzo pop punk degli ultimi anni e invece il ritornello, poco lineare e quasi casuale, spiazza negativamente (anche se dopo trenta ascolti forse cominci ad apprezzarlo un pochino).
A parte questi piccoli accorgimenti devo ammettere che non riesco ad ascoltare altro. Gli State Champs hanno confermato di essere al vertice del genere con un disco ben fatto, equilibrato, con melodie fin troppo orecchiabli e pezzi più spinti.
Mezzo punto in meno per l’artwork terrificante. Ne fate un altro l’anno prossimo vero?
VOTO: 8/10