di Alessandro Mainini
**WARNING**
Prima di scriverci adirati, date un’occhiata a cosa sono le “recensioni al buio”!
Certe notti la mail è calda, e dove ti porta lo decide lei. Stanotte la mail mi ha portato alla scoperta di una “balkan rock band milanese” dal nome molto particolare, Babbutzi Orkestar, che se Yahoo! Answers è una fonte attendibile (e lo è, giusto?) si può tradurre come “orchestra dei nonnetti”. L’occasione è l’uscita del nuovo EP della banda, un lavoro intitolato semplicemente “5”, che come vedremo è un numero carico di significati.
Per il suo nuovo disco, il primo in italiano, il gruppo propone “nuove sonorità (che) danno vita a un crossover da osteria”, e in effetti la copertina dove un gorilla simile a quello della pubblicità del Crodino campeggia su uno sfondo rosso Chianti ha tutte le carte in regola per farmi pensare a un bel bicchiere di vino servito da un oste in una bettola milanese.
Si diceva che il titolo dell’EP non è scelto casualmente: 5 sono i dischi pubblicati dalla band, 5 sono le tracce che lo compongono, 5 i membri della nuova formazione del gruppo, 5 le stelle del MoVim… ah, no, non c’entra, scusate. Beh, senza ulteriori indugi mi preparo a degustare le 5 tracce di 5.
La prima, dallo strano titolo Chiky Chiky, contiene il featuring con le I’m Not a Blonde, e tra melodie balcaneggianti e un’inquietante voce che invita “everybody chiky chiky” suona come se Vinicio Capossela avesse scritto una canzone dopo una sbronza sull’altra sponda dell’Adriatico. Il testo relativamente breve lascia ampio spazio alla musica, che nel complesso ha il sapore di un vino corposo e un tantino pesante ma che in compagnia va giù volentieri.
Ora, la seconda canzone si chiama Vinoploda. Una ricerca del termine su Google mi dà come risultati varie aziende vinicole croate, tra cui la vineria Vinoplod di Šibenik che vende un ottimo vino Babić in un’elegante bottiglia da 750 cl celebrativa dei 950 anni dalla fondazione della città.* Il testo, ermetico nel suo significato e spesso sfuggente alla comprensione dell’orecchio, potrebbe benissimo essere stato scritto e cantato proprio sotto l’ispirazione del Babić, ma il sound rispetto all’opener è meno balcanico e più da taverna nostrana.
Curioso quanto accade dopo la prima strofa: invece di un tradizionale ritornello, il brano esplode in un cacofonico insieme di suoni disarmonici, come se i membri di un’orchestra in preda ai fumi dell’alcool cominciassero a suonare ognuno una propria melodia. Questa climax improvvisa è un unicum all’interno della canzone, dato che in seguito alle strofe succede un “la la la” molto più caldo e ballabile.
La terza traccia, Tony Makkeroni, ha un titolo che incute quasi timore, sarà per la doppia kappa, sarà che se si parla di Tony mi viene in mente il leggendario chef delle televendite Miracle Blade che con un set di coltelli tagliava in due persino un’incudine (e che a giudicare dalla panza, di makkeroni era ghiotto). Gabriele, voce della banda, ci introduce il simpatico personaggio di Tony Makkeroni, che “guida bello macchinona” e “porta vodka e vola con la grossa bicchierona”. Un riff di chitarra molto retrò da rock anni ’70 collega le varie strofe, in cui prosegue la storiella del protagonista della canzone, quasi una filastrocca da cantare sullo scuolabus. Sicuramente la canzone più allegra fra quelle proposte finora dal disco, è anche senza dubbio la più memorabile.
Ondivago anche il nome del quarto brano, Fiori e Plata, dove “plata” potrebbe essere qualsiasi cosa dal toponimo argentino al famoso “plata o plomo” (ormai lo so anch’io che non ho mai guardato Narcos –e no, non mi convincerete a guardarlo). Un rullo di batteria si apre improvvisamente e inaspettatamente in un sound quasi ska. Con un paio di trombe in più diventerebbe una canzone degli Ska-P pro-legalizzazione, ma i riferimenti a “Pablo” e a “plomo” nel testo ci fanno capire che l’ambientazione va cercata non fra quelli che di marijuana fanno uso ma piuttosto fra quelli che la rendono disponibile –e che una delle supposizioni sul titolo era corretta.
A concludere l’EP Dainosaurus, forse una nuova specie di dinosauro non ancora scoperta, forse un incrocio fra un rettile e un cervo, o forse un’italianizzazione della rispettiva parola inglese. Il sound però non spazia fra Milano e Londra, bensì riprende alcuni degli elementi balcanici che a sprazzi compaiono nell’arco del disco.
5 è un EP poliedrico, fra la sbronza felice e la sbronza triste. Ognuna delle canzoni rappresenta un lato di un pentagono sonoro che si sviluppa da un unico centro ben riconoscibile, rappresentato dalla voce di Gabriele e dai testi quasi cantautorali, a cui la musica aggiunge un tono ogni volta differente. Un disco da ascoltare dal vivo in una bettola fuori città mentre bevi del vinaccio e guardi le persone che ballano sulle note della banda.
* Precisiamo che la vineria Vinoplod di Šibenik non ci ha fornito alcun compenso per questa menzione, né intrattiene rapporti di altra natura con la redazione di aim a trabolmeicher. Per ora. Prosit!