di Michele Pioveguado
Accordi aperti, overdose di tapping, emozioni viscerali e un inspiegabile gusto per il math. Questa è la formula vincente del trio del Minessota Tiny Moving Parts, che negli scorsi anni è sempre riuscito a sorprendere la scena emo internazionale. Con il nuovo disco, Swell, però, la band non sembra fare un gran passo avanti dal precedente, l’incredibile Celebrate, del 2016.
Non cominciate già a scaldarvi, vi prego! Swell è un gran disco, con dei singoli davvero riusciti quali Applause e Caution; è solo che non aggiunge nulla a quel sound già consolidato con i lavori precedenti. Certo, nessuno è obbligato a prendersi dei rischi, soprattutto quando la formula sembra funzionare così bene, però è un peccato avere un disco prudente proprio dalla band che ci aveva abituato alle sorprese.
Ma c’è anche una buona notizia: tutti i brani di Swell sono dei sing along incredibili; di quelli che ai live perdi ci lasci le corde vocali. “ There’s no warmth in the tundra/ There’s no hope in a heart that doesn’t beat” si urla in Wishbone. Ma non c’è bisogno di impararsi le parole a memoria, in qualche modo le sappiamo già tutte e siamo pronti a gridarle senza ritegno.
Ci basta chiudere un occhio sull’originalità (ascoltiamo pop punk, siamo abituati a farlo) e concentrarci sull’intensità e sull’energia per capire che Swell è un gran bel disco; tra i migliori che sentiremo quest’anno.
Voto: 7/10