di Alessandro Mainini
**WARNING**
Prima di scriverci adirati, date un’occhiata a cosa sono le “recensioni al buio”!
L’EP si chiama Equoreaction, che non mi rende chiaro se si stia parlando di una reazione equivalente o di un cavallo; la band si chiama Vertical, e all’orizzonte ha l’uscita di un altro EP se è vero che il qui presente è solo il secondo di una trilogia iniziata con, guarda caso, Alpha nel 2016. Loro sono cinque ragazzi veneti che da una ventina d’anni calcano i palchi dell’underground italiano, e non per niente la loro etichetta si chiama Dischi Sotterranei.
Di quest’EP sappiamo in anteprima solo che si tratta di “quattro brani caratterizzati dall’uso peculiare e creativo della “voce””, dove il virgolettato su “voce” mi lascia allo stesso tempo molto incuriosito e poco tranquillo. Della band mi preme citare, fra i vari aneddoti, il fatto che abbiano “musicato dal vivo una serie di soft porn movies in b/n al Teatro Busnelli di Dueville (VI)”.
Memorex, la prima traccia, si apre con la voce registrata di una donna che con piglio gioviale ci dice “Look at me. Do you like what you see? Good, because it’s not me: it’s a recording of me!” I primi cinquanta secondi di canzone sono strumentali, e comincio a pensare che l’EP sia privo di parti cantate, sostituite magari da registrazioni o altri effetti (da cui l’uso “creativo della voce”), invece poi partono i vocals riprendendo frammenti della registrazione d’apertura.
A dire il vero le linee vocali non sembrano così strane come premesso; anzi, nel mix vengono un pochino sottomesse alle linee strumentali che suonano più pulite e vibranti e strizzano l’occhiolino a una sorta di classico rock americano anni ’90. Verso la metà, degno di nota un bridge elettronico accompagnato da un assolo di chitarra molto arioso. La canzone si conclude invece con un assolo di synth.
A seguire la title track, Equoreaction, che si apre con fare decisamente più aggressivo in un tripudio di bassi. Il riff rimane sempre lo stesso per i primi due minuti, con poche variazioni in occasione dei momenti salienti della canzone. Verso i due minuti il brano cambia da così a così: diventa più classic rock per un momento, ma poi ritornano in cattedra i bassi fino a fine traccia. A dire il vero dopo un intero minuto di loop mi sembra di essere stato trasportato con la mente in un’altra dimensione spazio-temporale.
Alpha (Radio Edit), come potete immaginare, è la versione per le radio di Alpha, già sentita sul precedente EP della band. È una canzone molto più sperimentale e basata sull’elettronica, con voci eteree che fanno quasi da sfondo e ripetono ad infinitum poche semplici parole come “gravity family”. Non sono sicuro che possa davvero funzionare in radio nel panorama attuale, ma è senz’altro la traccia più accessibile e a suo modo “catchy” ascoltata finora. Forse, e lo dico come osservazione positiva, trent’anni fa avrebbe fatto furore –è un segno dei tempi che cambiano?
Un trittico di batteria, chitarra e synth ci introduce nell’ultima traccia Sour. I cori quasi gospel che segnano l’entrata nel vivo della canzone mettono in un mood che fa apprezzare appieno il riff di chitarra ballereccio che contraddistingue il pezzo, nel quale trova ampio spazio anche il sax di Antonio Gallucci. È una canzone semistrumentale molto divertente e senza troppe pretese, ottima da ballare su una pista di paese. Sonicamente molto ricco il finale dove tutti gli strumenti comparsi nel brano si sommano e si amalgamano sollecitando tutte le nostre percezioni auditive.
Probabilmente Equoreaction non sarà l’EP che stravolgerà l’assetto della scena sotterranea italiana, ma l’intero lavoro pur nella sua varietà cromatica è percorso da un filo conduttore che ci fa tenere sempre in mente l’impronta originale della band. I Vertical si sono indubbiamente divertiti a scrivere e a registrare queste canzoni, e alla fine è proprio questo il bello della musica. Un EP da ascoltare in casa con le luci accese in ogni locale mentre effettui gli ultimi preparativi per una festa i cui invitati arriveranno a brevissimo. Abbassa lo stereo ché forse hanno suonato al citofono!