di Michela Rognoni
Se quando pensate ad Andrew McMahon vi vengono in mente le emozionantissime rock ballad al pianoforte, allora siete rimasti indietro di qualche decina di anni. Sì perché i repentini cambiamenti nel progetto musicale di questo artista poliedrico non riguardano solo il nome, ma rivedono l’intero concetto a 360°. In Zombies on Brodway la sperimentazione prende il sopravvento e quello che ne risulta è un album creativo e ricco di colpi di scena.
Registrato nello stesso studio di New York in cui McMahon aveva ricevuto la notizia della leucemia, Zombies on Broadway lascia indietro i vividissimi scenari californiani rappresentativi della carriera dell’artista, per prediligere situazioni più grigie e caotiche che ben descrivono il panorama new yorkese.
Il suono del traffico ci accompagna nel cuore di “Brooklyn You’re Killing Me” in cui veniamo ipnotizzati prima dallo spoken e poi dal ritornello più catchy di sempre.
“So Close” strizza l’occhio agli anni ‘80, mentre “Don’t Speak For Me” e “Fire Escape” si riavvicinano al sound dei Jack’s Mannequin, con la differenza che l’elettronica la fa un po’ da padrona, per culminare in brani ritmati, quasi etnici, come “Island Radio”. Si chiude come sempre su una nota malinconica e “Birthday Song” fa il suo dovere egregiamente.
Se è vero che seguendo un artista dagli esordi si impara a conoscerlo e si cresce con lui, allora ne abbiamo fatta di strada insieme. Se invece siete delle teste dure sempre legate al punk rock adolescenziale allora vi conviene cercare altrove.
4/5