Di Sara Cavazzini e Denise Pedicillo
Attenzione: nel seguente articolo sono presentati comportamenti irresponsabili, pericolosi e non esemplari, non fatelo a casa.
Che ci piaccia andare ai concerti ormai è appurato, e lo è anche il fatto che ci piaccia molto fare cazzate. E nonostante l’avanzare dell’età noi continuiamo imperterrite a non arrenderci e ad essere irriducibili, andando sempre comunque ovunque.
Poi ci sono quelle volte in cui la situazione sfugge di mano e quella che segue è una di quelle. La storia inizia qualche mese fa, quando nel giro di pochi giorni sono stati annunciati i Biffy Clyro all’Idays Festival a Monza e i Silverstein al Legend Club di Milano. Lo stesso giorno. Incubo. La dura scelta è da subito ricaduta sugli scozzesi, un gruppo che il destino ci ha sempre impedito di vedere nelle poche volte che avevano messo piede in Italia.
A poche ore dai due eventi però arriva l’illuminazione, la pazzia, il voler esser giovani che ancora cerca di sopravvivere in noi: i Biffy Clyro non saranno gli ultimi ad esibirsi sul palco dell’Iday, i Silverstein iniziano a suonare un’ora più tardi, andiamo ad entrambi!
Il set dei Biffy Clyro inizia alle 20.00, quando uno pensa che la temperatura inizia ad abbassarsi e ovviamente ci sbagliamo. La band fresca del nuovo album “Ellipsis” è co-headliner del terzo giorno del festival – l’arduo compito è invece affidato ai Suede – e nonostante questo, sembra che la maggior parte dei presenti sia proprio lì per loro. La scaletta inizia subito con “Wolves Of Winter” primo singolo estratto dal loro ultimo lavoro e Simon Neil e soci fanno capire subito di che pasta sono fatti. Tra nuovi brani e vecchie hit come “Bubbles”, “Biblical” e “Many Of Horror” solo per citarne alcune, la loro esibizione non sbaglia un colpo e sfiora la perfezione. Lo stesso non si puo’ invece dire dell’addetto delle proiezioni grafiche dietro alla band che, tra un sacco di imprevisti e spoiler sulla scaletta, ci mette circa 5 canzoni prima di sistemare tutto. Ahia. Il tutto comunque termina con “Stingin’ Belle” che ci lascia un po’ con l’amaro in bocca, amaro che però sparisce velocemente dato che il trio sarà di nuovo nel nostro paese per un’unica data il prossimo 20 ottobre a Firenze.
Nel momento in cui gli scozzesi lasciano il palco inizia la nostra corsa contro il tempo: la parte più imponente dell’impresa è l’uscita dall’autodromo e dal parco di Monza fino alla macchina. Noi che pensavamo di fare una cosa da ribelli, andare via prima della fine di un concerto, abbiamo poi scoperto che una buona parte dei presenti ha fatto la stessa cosa perché considerava finito il festival dopo l’esibizione dei fratelli Johnston e Neil.
Non ci è ben chiaro sotto la protezione di quale forza maggiore, nonostante qualche imprevisto, arriviamo al Legend Club. Sono le 22.37. Prima di far ripartire il disagio diciamo che prima dei Silverstein hanno suonato i nostri amici Atlantic Tides e noi purtroppo ce li siamo persi. Se non volete essere delle bruttissime persone come noi, il prossimo appuntamento è fissato al Parco di Villa Tittoni di Desio. Tutto in acustico se volete farvi dei grossi pianti.
Corriamo verso le porte del locale, già in condizioni pietose per tutto quello che è successo prima, ed entriamo su uno dei “I wasn’t asking for the world” di Your Sword VS My Dagger, e ci ritroviamo subito in una tempesta di feels, emo, nostalgia, caldo e sudore. Il set prosegue tra canzoni vecchie e nuove. L’ultima volta che abbiamo sentito i Silverstein era estate ma non faceva così caldo e cosa importante, non era ancora uscito “I Am Alive in Everything I Touch”. Fare uscire un album nuovo vuol dire togliere dalla scaletta canzoni più datate e quasi sicuramente anche più belle. E anche i Silverstein non sono da meno, ma possiamo perdonarli dato che il poker finale tratto da “Discovering the Waterfront” con “Already Dead”, “Smile in Your Sleep”, “Call It Karma” e “My Heroine” è un colpo al cuore e ci lascia con un sacco di ricordi di una gioventù ormai andata.
In conclusione: basta fare cazzate, siamo vecchie e non reggiamo più.