Frank Turner + Ducking Punches + Gran Rivera @ Circolo Magnolia, Segrate 04-07-16

di Alessandro Mainini

ft.jpgGiovedì 7 aprile è una data importante, perché segna il ritorno di Frank Turner sul suolo italico dopo il bellissimo concerto dell’anno scorso. Come nel 2015 la location è il Magnolia, senz’altro uno dei locali più belli del Milanese per la musica dal vivo, nonostante i maledetti 5€ da pagare per il parcheggio ogni volta.

Siccome il concerto precedente ha davvero superato ogni aspettativa, le mie attese per questa data sono molto alte, e so in cuor mio che Frank non le deluderà. Purtroppo, arrivato al Magnolia con un buon quarto d’ora di ritardo sull’orario di inizio previsto, devo constatare come il locale sia gremito da una folla di ben 24 persone –le ho contate, sì– che non riescono nemmeno a riempire la prima fila. Non troppo esaltante ripensando ai 400 presenti di qualche mese prima.

Passato qualche minuto salgono sul palco i Gran Rivera, opener locali della serata, presentandosi con uno “scusate il ritardo, ma abbiamo preferito berci una birra in più e suonare un paio di canzoni in meno”. Okay, contenti voi… la band propone un indie rock cantato in italiano con qualche influenza emo, e comincia a risultare piuttosto godibile, quando a metà della terza canzone le viene ordinato di concludere rapidamente il pezzo e levare le tende perché il tempo è scaduto.

Dopo questi nove minuti di concerto è la volta dei Ducking Punches, che accompagnano Frank Turner per tutto il tour europeo. Un buon abbinamento, dato che il loro folk rock/folk punk si sposa bene con la discografia di Frank, ma la band probabilmente non è al settimo cielo trovandosi a suonare davanti a una trentina di persone, e la performance, per quanto tecnicamente impeccabile, sembra mancare di un pizzico di energia che poi dovrebbe essere quello che rende speciale un concerto dal vivo. I ragazzi di Norwich hanno però motivo di rallegrarsi lo stesso, perché lanciando un accorato appello tra una canzone e l’altra, riescono a trovare qualcuno che li ospiti per la notte.

ft1.JPGArriva finalmente il momento più atteso della serata, ovvero la comparsa di FTxHC sul palco, e assieme al momento tanto atteso arriva anche una fiumana indicibile di gente, che riempie l’intero Magnolia –si parla dello spazio al chiuso destinato ai concerti invernali chiaramente, perché il Magnolia d’estate non lo riempirebbe nemmeno l’intera popolazione di Segrate. Non so bene dove fossero prima tutte queste persone, ma sono felice perché i presenti ora sono sui 300/400, e Frank si merita come minimo di suonare davanti a una folla di queste dimensioni.

Si parte in quarta con Get Better che dà subito la carica al pubblico col suo attacco energico, e il pubblico reagisce eccome: raramente ho visto un’intera sala saltare, ballare e muoversi come nelle due ore di show con cui Frank ci ha deliziati. La scaletta è quasi impeccabile: c’è buona parte di Tape Deck Heart, l’ottimo album del 2013, le canzoni più rappresentative del nuovo disco Positive Songs for Negative People, e un po’ di pezzi più o meno famosi dai lavori precedenti, assieme a qualche chicca come il b-side Hits & Mrs., suonata su richiesta di un fan. Dico “quasi impeccabile” perché purtroppo alcuni capolavori da England Keep My Bones non sono entrati in scaletta, penso soprattutto a Rivers, Glory Hallelujah e Peggy Sang the Blues.

A un certo punto Frank decide di sorprenderci esibendosi in un monologo (potremmo anche definirlo uno sproloquio, visto che è durato quasi cinque minuti) in italiano, in cui invita il pubblico a dividersi in “team Tarrant” (Anderson, il bassista) e “team Ben” (Lloyd, il chitarrista), per fare a gara a chi fa più casino. Il premio per i più rumorosi? Beh, non penserete mica che Frank Turner sappia davvero l’italiano: in realtà leggeva il discorso su un foglio di carta che aveva davanti agli occhi, e proprio quel foglio era il trofeo destinato al team più scalmanato –il team Ben, se lo volete sapere.

Verso metà concerto riconosco una persona che avevo vicino l’anno scorso, perché come in quell’occasione urla, sovrastando qualsiasi altro rumore, “FRANCO GIRATOREE!”, e da fan delle traduzioni maccheroniche dall’inglese ho abbastanza apprezzato quest’uscita. Il concerto va avanti spedito, e tra una Eulogy cantata in italiano (con immancabile riferimento a Piero Pelù al posto di Freddie Mercury) e un’ I Am Disappeared che secondo me è la sua canzone più bella si arriva a Long Live the Queen, che è l’ultimo pezzo prima dell’encore.

Encore che parte a rilento con la tranquilla The Opening Act of Spring e il singolo del nuovo album Mittens, ma che procede poi ad elettrizzarsi con I Still Believe, per dare la sferzata finale con l’esplosiva Four Simple Words, sulla quale Frank si lancia pure in un bellissimo crowdsurfing che dimostra quanto quest’uomo si diverta ai suoi concerti e quanto ci tenga ad entrare in contatto col suo pubblico. In fin dei conti Frank non ha deluso le aspettative, e se possibile è riuscito addirittura a regalarci un concerto ancora più divertente e memorabile di quello del 2015.

 

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