L’ormone impazzito: Giosada

GIOSADALo sappiamo, lo sappiamo: “i talent show sono il cancro della musica”, “non esce niente di buono da quei programmi lì”, “sono tutte cose pilotate”. Poi però i vostri giovedì sera (o le vostre domeniche se non avete Sky) li avete passati tutti sul divano, smartphone alla mano per commentare in diretta sui social e garantirsi i big likes, a guardare la faccia da culetto ciccioletto di Cattelan, a sfottere Skin perché non si capisce un cazzo di quello che vuole dire anche quando lo dice in inglese (che si presume essere la sua mother tongue) e a sentire i protagonisti del programma cantare cover improponibili pensando “se fossi stato io il giudice gli avrei fatto cantare “Hands Down”. A tutti. In tutte le puntate”.
Che poi se non arrivi al pubblico con Hands Down non sei degno di vivere, è da quello che si capisce se uno ha l’X factor o no. Tipo se riesci a cantarla tutta senza affogare nelle tue stesse lacrime hai vinto.
Sto divagando.

Noi abbiamo fatto così: abbiamo passato tutti i nostri ultimi giovedì sera a guardare XF9. Ma non ce ne vergognamo e lo diciamo apertamente e anche fieramente. Quest’anno poi ci è andata di lusso perché c’era Giosada.
Giosada è figo e infatti ha vinto.
Perché alla fine X Factor non lo si guarda per la musica, e non lo si guarda per supportare i No Blame e i Waiting For Better Days. Si guarda per vedere i manzi in alta definizione (w il progresso tecnologico!).
Se volevamo ascoltarci della buona musica ci mettevamo a letto con l’iPod, con Spotify o ci perdevamo negli angoli più imbarazzanti di YouTube, no? E se volevamo supportare i No Blame (che sono comunque un gruppo della madonna anche senza Giosada), i Waiting For Better Days o qualunque altra band underground italiana, prendevamo la macchina e andavamo all’Honky, al Circolone, alla Tenda o agli School of Rock, che non penso esistano ancora, ma era bello citarli. Invece il nostro unico scopo era rifarci gli occhi, anche perché, citando il detto popolare: giovedì gnocchi.

E torniamo a Giosada, che prima andava in giro a fare crabcore e, ad un certo punto, probabilmente a caso, si è ritrovato sul palco di X Factor (sempre a fare crabcore).
È arrivato alle selezioni con i capelli tipo post-sbronza ed un immenso handmade scollo a v alla sua maglia dei Fair Do’s (già questa è stata una grande conquista per il programma dai) e a Skin è evidentemente partito l’ormone, ma è riuscita a rimanere professionale e posata limitandosi ad un “sei carino” che nascondeva chiaramente un “ajskahufihoijicenugihreihhfjdjghk!!!!!” condito di bava.
Poi ai bootcamp ha cantato Free Fallin’ e lì basta, tutte conquistate, perché se prendi un manzo e gli fai cantare John Mayer, che volendo pure lui è un manzo, ti viene un doppio cheeseburger e a tutti piacciono i doppi cheeseburger (si, lo sappiamo che Free Fallin’ non è di John Mayer, ma di Tom Petty, però la maggior parte della nostra generazione la conosce per quello).
Poi lui è un po’ pop punk (niente è più pop punk dell’hc) quindi c’è pure il bacon.

Durante le puntate ha cantato sempre e solo cose belle e dignitose essendo pupillo di Elio, che dopo 9 edizioni del programma sembra essere l’unico a non trovare mai canzoni esageratamente di merda. E niente, Giosada ne è sempre uscito bene anche nella sfortunata volta in cui è finito in ballottaggio.
Ciò che non convince non ha niente a che fare con la musica; sono i suoi discorsi, che sono tipo quelli di Skin: non vogliono dire assolutamente nulla. O forse siamo noi che non l’abbiamo mai ascoltato; sapete non è difficile farsi distrarre da cose più interessanti tipo la barba.

L’inedito poi non ci ha colpito molto, però ci è piaciuto molto il cappello stilosissimo che aveva nella street performance e anche quando ha fatto i Doors e gli hanno messo il mascara, che più emo di così c’è solo bo Pete Wentz che si cala le braghe sul web.

Tutte queste parole per dire:
1) Bello
2) Bravo
3) Bello e bravo
4) Crabcore

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