“Disenchanted” by Handguns

di Martina Pedretti

handgunsGli Handguns rilasciano, in data 13 novembre via Pure Noise Records, il terzo full lenght “Disenchanted”. Un album non troppo atteso e non avvolto dall’alone di hype che ha invece interessato altri release di questo ricchissimo 2015. Dopo alcuni EP degni di nota, un primo album di degna fattura e un secondo album non troppo soddisfacente, i ragazzi di Harrisburg ritornano con un lavoro che facilmente si va ad inserire nella top 5 dei dischi migliori di questo anno. Nonostante la loro bravura non troppo riconosciuta e spesso dimenticata, “Disenchanted” è senza ombra un ottimo disco.

“Life is one fucking beauty contest after another. School, then college, then college, then work… Fuck that. And fuck the Air Force Academy. If I want to fly, I’ll find a way to fly. Do what you love and fuck the rest”.

Con questa fantastica citazione dal delizioso film Little Miss Sunshine si apre l’album degli Handguns, il singolo “Self Portrait” dà il via alle danze con una potente carica di energia. Il testo della canzone è la parte che apprezzo di più, una storia che narra una vita solitaria, senza la presenza di una persona capace di capire i sentimenti di chi la narra. “This is a soundtrack to a movie, a motion picture that will always move me” e “A suburban family home, a bedroom of my own, a collection of CD’s stacked up next to a blown out stereo were the only things that kept me from feeling alone” sono solo alcuni estratti dal testo geniale di questo pezzo emozionante.

“The Worst In Me” è un brano molto vivace, definibile al 100% come un brano pop punk, che richiama un po’ la gioia dei Bowling For Soup. Un ritmo martellante, alcune gang vocals che trasmettono felicità nonostante il dolceamaro testo della canzone.

Con un intro delicato di basso, che ricorda molto alcuni dei lavori del sig. Mark Hoppus, si fa spazio anche “Low Spirits”. Un pezzo più calmo, che spesso richiama a Man Overboard dei blink-182, che alterna momenti di tranquillità ad altri brevissimi momenti di isteria e ritmi calzanti.

Il brano che vince a mani basse il premio come miglior canzone dell’album è la brevissima e accusatoria “Carbon Copy Elitist”. La canzone si apre con breve colloquio tra due amici che parlano di un local show che ci sarà di lì a poco. Due ragazzi che si potrebbero definire “poser”, che non hanno soldi per andare ad uno show che non sanno se sia sold out o meno, che confrontano le proprie idee riguardo ai lavori della band (facendo saltar fuori il clichè del “mi piace di più la loro roba più vecchia”), finchè uno dei due conclude il tutto dicendo:“Dude, I’m best friend with the band!” Da qui il pezzo esplode e prosegue con una prepotenza sia musicale che testuale:“I don’t wanna talk about all your favourite records, I don’t really care!” Nonostante la brevità del pezzo, questo è sicuramente quello che più verrà ricordato dopo un primo ascolto, e verrà ricordato con un sorriso amaro, sì, ma anche piacevolmente sorpreso.

Proseguiamo con alcuni oooo stonatissimi che si evolvono in una serie di gang vocals, i quali danno inizio a “Disenchanted“, la title track. Ci troviamo di fronte al ritornello più coinvolgente dell’intero album, quello che ci si trova a cantare sotto la doccia dal nulla, moshando contro lo scaffale degli shampoo. Un brano che istigherebbe anche il più tranquillo giovane pop punker a lanciarsi in un felicissimo circle pit. La chicca è il momento di calma che nasce verso la fine, quando la voce del cantante è accompagnata, solo per qualche istante, unicamente da una  delicatissima chitarra per poi esplodere nuovamente.

“Recovery” è la decima e ultima track del disco. Un brano che tende più al lato pop del pop punk, ben posizionato in quanto incorona alla perfezione un ottimo lavoro. Tanti sing along, una maggiore calma e una bella voce sono le qualità prinicpali. Interessante è la chiusura del brano: il rumore di un macchinario d’ospedale segna, in modo anche abbastanza fastidioso, i momenti finali della vita di qualcuno, un bip prolungato sembra porre per sempre fine a chiunque ci sia collegato a quella macchina, ma poi a sorpresa un piccolo, flebile bip ritorna a farsi sentire come quasi per riprendere il titolo della canzone.

Il lavoro rilasciato dagli Handguns è sicuramente annoverabile tra le migliori uscite dell’anno, sebbene alcuni brani siano parzialmente ridondanti e non troppo memorabili. Questo è quello che si può definire, senza alcun dubbio, pop punk. E’ tempo che gli Handguns abbiano la riconoscenza che è a loro dovuta, in quanto sono tra i più bravi nel mondo del pop punk, molto più di altre band che sono anche fin troppo idolatrate e, sotto gli influssi della moda, amate.

VOTO: 4/5

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