Di Ilaria Collautti
È sempre bello quando una vecchia band caduta nel dimenticatoio ricompare inaspettatamente, e così è stato per i Fightstar, band alternative rock britannica nata nel 2003 che dopo il terzo studio album aveva deciso di prendersi una pausa. Ma ad ottobre, dopo 5 anni di inattività, il quartetto ha pubblicato il nuovo album Behind the devil’s back, per la gioia dei fan che non li hanno abbandonati.
Ad aprire il disco c’è la prima, potentissima “Sharp tongue”che di certo fa promettere bene; grinta, energia, ritornelli e atmosfere super coinvolgenti fanno subito sentire all’ascoltatore che i Fightstar sono tornati più in forma di come ci avevano lasciati.
“Murder all over” è anticipata da un’intro a mio parere un po’ superflua, poiché credo non aggiunga nulla alla canzone – più lenta e tranquilla della principale ma che esplode nei ritornelli.
Seguono la title track “Behind the devil’s back” – di certo non la mia preferita dell’album ma di cui apprezzo i passaggi con più carattere, come ad esempio il bridge strumentale – e“The blackest of birds” – la traccia dai suoni più cupi fino ad ora che, come tutte le canzoni del disco, prende il volo con i ritornelli.
Di “Overdrive” mi ha colpita più di tutto il bridge e la sua linea vocale anche portano alla chiusura della canzone, che però credo sia stata rovinata dalla base insistente soprattutto da metà canzone – base che secondo me ha toni e suoni troppo discordanti dal resto del brano.
In “More human than human” finalmente si lascia spazio anche alla voce di Alex Westaway, sopraffatta fino ad ora da quella del frontman Charlie Simpson, che dona al pezzo una certa malinconia e dolcezza tipica della sua voce (di cui di certo non ci si può lamentare).
Avviandoci alla conclusione, l’album prosegue con il primo singolo estratto “Animal”, brano che fin dal primo ascolto mi aveva colpita per le sue strofe potenti e i ritornelli melodici, creando così una bella dinamicità; canzone azzeccata e ben costruita.
Con “Titan” e – soprattutto – “Sink with the snakes” si continua a mantenere un alto grado di energia che forse si era un po’ perso nella metà del disco, cosa che mantiene alta l’attenzione e l’ascolto fino alla fine dei pezzi e dell’album; thumbs up per “Sink with the snakes” che per “Titan”, che musicalmente mi ha presa un pochino di meno.
A chiudere il quarto studio album dei Fightstar arriva infine “Dive”, pezzo decisamente più tranquillo e melodico (e uno dei miei preferiti dell’album), che però cresce di intensità nella chiusura – lasciando forse un pochino l’amaro in bocca a chi, come me, si aspetta un ultimo ritornello forte e deciso che però non arriva, affidando il compito allo strumentale che viene interrotto all’ improvviso.
Tutto sommato, quello dei Fightstar è stato un gran ritorno, con un disco che vale decisamente la pensa di essere ascoltato più e più volte. I ritornelli sono le parti forti di Behind the devil’s back e riescono a compensare anche quelle strofe che non convincono totalmente. Unico appunto è forse sulla mancanza dell’alternanza delle voci, una più melodica e una più roca, che avrebbe dato alle canzoni un tocco in più.
BEST TRACKS: Sharp tongue, Animal, Dive, Sink with the snakes
VOTO: 4/5